La Zes unica del Mezzogiorno diventa una nuova misura del PNRR con una dotazione di un miliardo di euro. È quanto emerge dalla proposta di modifica del Piano di ripresa e resilienza presentato alle Camera il 1 agosto scorso dal ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, che contiene una prima traccia operativa della riforma attesa entro fine anno con un decreto Sud ad hoc che viaggerà parallelamente alla Legge di Bilancio 2024. Un provvedimento atteso dal mondo delle imprese soprattutto dopo l’ok da Bruxelles alla proposta del ministro Fitto di superare l’attuale modello delle otto Zes territoriali con una Zes unica del Mezzogiorno con un mission diversa e rendendo strutturale alcune misure, tra cui la decontribuzione Sud.

Ma cosa prevede la riforma? Innanzitutto, partiamo dalle tempistiche: la riforma si concretizzerà entro il 31 dicembre 2023 ed entrerà a regime entro giugno 2024. Gli interventi normativi (ne sarà necessario più di uno, tra decreto-legge e decreti attuativi, oltre a modifica/abrogazione di altri) prevedono, oltre alla governance unica, un Piano strategico di sviluppo delle Zes uniti al pacchetto di benefici fiscali e semplificazioni (alcuni già esistenti) per le nuove imprese che avvieranno un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella Zes.

I SETTORI E GLI INCENTIVI E veniamo ai settori di investimento: in tal caso si tratta di avere una visione strategica (e non parcellizzata) puntando su alcuni interventi tra cui quello di manifattura, agricoltura e agroindustria, filiere strategiche per la transizione green e digitale, turismo e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale). Alla riforma, è specificato nella relazione, sono associati investimenti che prevede: finanziamento del credito di imposta alle imprese che avviano nuovi investimenti (o incrementano) in area Zes sulla base delle dichiarazioni dei redditi presentate nel periodo 2025-2026 (date legate al Pnrr ma le misure proseguiranoc on fondi di bilancio statale); e un sostegno finanziario ai progetti di investimento nuovi o incrementali nella Zes, entrambi alle condizioni previste nella riforma. I progetti di investimenti dovranno essere coerenti con il nuovo Piano strategico della Zes unica e dovranno rispettare il principio del DNSH (senza arrecare danno all’ambiente).

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Come detto, la ZES unica parte da una dotazione di un miliardo di euro, che rinviene da un definanziamento di due misure del PNRR (700 milioni dalle strutture di comunità e altri 300 dalla riqualificazione dei beni confiscati) i cui interventi proseguiranno regolarmente ma con diverse coperture garantite con altre forme di finanziamento nazionali (tra cui Fsc e/o Coesione).

COME FUNZIONERA’ Dal punto di vista operativo, per la nuova Zes tutto è incentrato su una struttura unica nazionale «che sarà in grado di promuovere una regìa, una visione strategica e linee di azioni unitarie». Tradotto: scompariranno le figure dei commissari straordinari che nell’ultimo anno e mezzo non hanno seguito una linea unitaria di interventi. Talvolta hanno navigato a vista, in parte a causa dell’assenza di una regìa unica che in taluni casi è stata indebolita da una proliferazione normativa (quale quella sulle tanto attese riperimetrazioni del DL 36/2022. Il classico meccanismo di complicazione delle cose semplici, tipicamente italiano, che ha di fatto ingessato l’intera macchina burocratica per un Dpcm predisposto dal vecchio governo poco prima del «congedo» ma mai sdoganato da Palazzo Chigi perché ritenuto scollegato da una vision di insieme. Un Dpcm che avrebbe dovuto ridisegnare l’attuale perimetrazione delle aree Zes (le aree che beneficano di iter acceleratori e agevolazioni fiscali), frutto di un lavoro non perfetto tenuto conto che la delimitazione è coincisa con le aree industriali e con una visione più localistica o di bandiera, incorrendo in errori anche grossolani quali la perimetrazione di una strada (ve l’immaginate un capannone su una statale?).

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STOP COMMISSARI AUTONOMI Ciò ha provocato un rallentamento della scelta degli investimenti da parte delle imprese (i dati di tutti i commissari Zes sulle autorizzazioni uniche rilasciate nell’ultimo anno ne sarebbero una conferma con disallineamenti tra comunicato e documentato), alimentato un sistema di speculazioni sui terreni già perimetrati in aree Zes rendendo di fatto inefficaci i benefici del credito d’imposta (dal 25% al 45% sul totale degli investimenti fino a 100 milioni di euro).

Di qui la necessità di scongiurare ogni tipo di gestione di potere locale territoriale dei commissari accentrando la governance in una autorità unica (un Supercommissario?) che sarà a capo di un sistema che semplifichi e razionalizzi il coordinamento degli interventi «fermo restando il ruolo delle amministrazioni locali». Un inciso questo che, se da un lato va incontro alle legittime aspettative dei territori di non restare esclusi ( e si vedrà nella riforma), dall’altro potrebbe prevedere un presidio locale (ove necessario) ma con compiti squisitamente operativi e non politici.

Rispetto all’organizzazione che consentiva a ciascun commissario di dotarsi di una struttura di supporto 10 unità di personale pubblico e altri 10 consulenti, la riforma prevederà indubbiamente numeri diversi vista la realizzazione in una struttura unica procedendo a riduzioni o accorpamenti di presidi territoriali, sempre se ritenuti necessari. La sforbiciata ai costi riguarderà soprattutto i consulenti, su cui si sono accesi i riflettori di Palazzo Chigi e tenuto conto che le strutture commissariali, con un potenziale di 80 unità di dipendenti pubblici, ne hanno attivate meno della metà (36).

Il cuore delle scelte e delle direttive, insomma, resterà Roma e su questo il ministro Fitto sembrerebbe determinato, individuando nella guida in una persona di fiducia di Palazzo Chigi, visto che la Ze unica è entrata a pieno titolo nell’agenda di Governo.

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