Dal mutuo della casa al bollo auto, dall’acquisto di elettrodomestici e arredi alle bollette di luce e gas, senza contare l’affitto, le medicine e una miriade di altre spese. È una lunga lista quella messa nero su bianco nel decreto ministeriale del 7 maggio 2024 che riattiva il redditometro, lo strumento di accertamento che dovrebbe aiutare il Fisco a stanare chi dichiara meno redditi di quanti ne disponga.

Cos’è il redditometro

Questo sistema “anti-evasione”, in realtà già noto agli italiani, era stato accantonato dal governo Conte 1 nel 2018 con il decreto legge numero 87 del 12 luglio (il così detto “decreto dignità”) che abrogava il decreto ministeriale di tre anni prima, ma allo stesso tempo rimandava alla necessità di un nuovo decreto che tenesse conto del parere dell’Istat e delle associazioni dei consumatori. A distanza di sei anni quel decreto è arrivato. Il provvedimento, citiamo dal testo pubblicato in Gazzetta ufficiale, individua “il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva” sulla base del quale “può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche”. Detta in altri termini, si tratta di stilare una lista che permetta al Fisco di valutare la capacità di spesa dei contribuenti per risalire ai loro redditi. E dunque individuare eventuali incongruità tra il reddito dichiarato e le spese sostenute. 

Nulla di nuovo, intendiamoci: una sorta di redditometro era già previsto dal decreto legge numero 600 del 1973 in cui viene stabilito che l’ente preposto ai controlli “può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”. Come viene spiegato sul sito della Camera dei deputati, questo accertamento era però “fondato essenzialmente su elementi induttivi, rappresentati dalla disponibilità di alcuni beni e servizi, valorizzati con indici e coefficienti”. Nel tempo, e con provvedimenti successivi, lo strumento è stato affinato, ma non è mai diventato la pietra angolare nella lotta all’evasione fiscale. Tant’è che solo pochi anni fa era stato rimesso in un cassetto. 

La lunga lista di spese soggette a controlli 

Per farla breve: 1) il redditometro serve a individuare eventuali discrepanze tra il reddito reale e quello dichiarato; 2) il governo Meloni, con un decreto pubblicato in questi giorni in Gazzetta ufficiale, ha rilanciato questo strumento anti-evasione definendo nel dettaglio quali sono le spese che possono finire nel mirino del Fisco. Nell’elenco c’è un po’ di tutto. Vediamo nel dettaglio le singole voci: 

  • Alimentari e bevande;
  • Abbigliamento e calzature;
  • Mutuo; 
  • Spese per l’affitto;
  • Canone di leasing immobiliare;
  • Bollette di acqua, luce e gas nonché le spese condominiali; 
  • Interventi di manutenzione ordinaria del proprio immobile; 
  • Compensi ad agenzie immobiliari;
  • Spese per elettrodomestici e arredi;
  • Altre spese per la casa: biancheria, detersivi, pentole, lavanderia e riparazioni;
  • Collaboratori domestici; 
  • Medicinali e visite mediche; 
  • Assicurazione e bollo per auto, moto, camper, caravan, minicar, ma anche barche e aerei;
  • Pezzi di ricambio e spese di manutenzione per auto moto e gli altri mezzi di trasporto già elencati sopra; 
  • Servizio di hangaraggio e manutenzione di aerei; 
  • Spese per il trasporto pubblico (tram, autobus, taxi);
  • Canone di leasing o noleggio di mezzi di trasporto;
  • Le spese per comprare lo smartphone e per gli abbonamenti di telefonia;  
  • Libri scolastici, tasse scolastiche e rette (incluso il canone di locazione per studenti universitari ed un eventuale soggiorno studio all’estero);
  • Spese per attività legate al tempo libero (giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, computer); 
  • Abbonamenti pay-tv;
  • Attività sportive, circoli culturali, circoli ricreativi, abbonamenti eventi sportivi e culturali;
  • Giochi on line; 
  • Cavalli;
  • Animali domestici; 
  • Assicurazioni infortuni e malattia;
  • Contributi previdenziali obbligatori e volontari;
  • Spese per barbiere, parrucchiere, istituti di bellezza, centri estetici e in generale per la cura della persona; 
  • Argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi;
  • Borse, valige ed altri effetti personali;
  • Compensi a liberi professionisti;
  • Pasti e consumazioni fuori casa
  • Alberghi, pensioni e viaggi organizzati
  • Assegni periodici corrisposti al coniuge;
  • Investimenti in immobili (incremento patrimoniale, meno ammontare totale del mutuo);
  • Acquisto di beni mobili, ovvero auto e altri mezzi di trasporto (anche in questo caso viene calcolato l’incremento patrimoniale effettivo, tolto il costo del finanziamento);
  • Investimenti finanziari; 
  • Oggetti d’arte o antiquariato;
  • Interventi di manutenzione straordinaria del proprio immobile; 
  • Donazioni ed erogazioni liberali;
  • Assegno all’ex coniuge;
  • Imposte, tasse e contributi;
  • Risparmio (parte di reddito non utilizzata per consumi ed investimenti); 

Come funziona 

L’elenco è dunque sterminato: nel redditometro finisce pressoché qualsiasi spesa. Il meccanismo è semplice: il Fisco individua una serie di spese dai “dati presenti nel Sistema informativo dell’Anagrafe tributaria o comunque nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria”. A quel punto, se il reddito stimato è superiore a quello dichiarato scatta l’accertamento che può concludersi anche con una sanzione. Come previsto nel già citato decreto del 1973, “la determinazione sintetica del reddito complessivo” è ammessa a condizione che lo stesso reddito superi di almeno il 20% quello dichiarato. I controlli potranno scattare dagli “anni d’imposta a decorrere dal 2016”, ma in realtà (considerando che il 2016 e il 2017 sono ormai decaduti) gli accertamenti partiranno dalle dichiarazioni dei redditi del 2018.

Nel caso i dati presenti nel sistema non siano sufficienti per risalire al reddito effettivo, l’ente che controlla può fare una stima considerando una “spesa minima presunta”, ricavata dall’indagine annuale dell’Istat o da altri studi socio-economici; nel novero delle spese presunte finiscono anche “i beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile”. Un esempio può essere quello dell’affitto: se dai dati delle Entrate non risulta nulla, è possibile presumere un “fitto figurativo” nel caso in cui, nel proprio comune di residenza, il contribuente non abbia un’abitazione di proprietà o in uso gratuito da un familiare. 

I tre modi per giustificare le spese contestate

Il contribuente può comunque difendersi. In tre modi:

  • Può tentare di dimostrare che la stima sia sbagliata (e che dunque abbia speso meno di quanto gli viene contestato);
  • Cercando di provare di aver utilizzato dei soldi messi da parte negli anni precedenti;
  • Dimostrando che il finanziamento delle spese “è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta”, oppure con “redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta” o ancora con denaro “di soggetti diversi dal contribuente” e dunque con soldi non propri.

Prima dell’avvio della fase istruttoria è previsto comunque un doppio contraddittorio, per dare la possibilità al contribuente di chiarire le eventuali incongruenze. 

Redditometro, Meloni: “Servirà a contrastare la grande evasione”

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ieri ha provato a spegnere le inevitabili polemiche spiegando che il “nuovo” redditometro non sarà uguale a quello abrogato nel 2018 in quanto tutelerebbe di più i contribuenti. Secondo Leo negli ultimi anni si era infatti creato “un vuoto nei limiti all’azione dell’amministrazione finanziaria nell’applicazione dell’accertamento sintetico” che aveva di fatto attivato “un meccanismo di redditometro permanente e senza alcuna limitazione”. Il viceministro sostiene invece che il provvedimento varato dal governo prevede “paletti precisi a garanzia del contribuente e introduce, tra le altre cose, anche un doppio contraddittorio obbligatorio”. 

E sul caso del redditometro è intervenuta oggi anche la premier Giorgia Meloni. “Mai nessun ‘grande fratello fiscale’ sarà introdotto da questo Governo” ha scritto la presidente del consiglio in un post su Facebook. “Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune”. 

Secondo Meloni “l’attuazione della delega fiscale” tutelerà “i lavoratori onesti” e servirà a “contrastare la grande evasione, quella, per intenderci, dei sedicenti nullatenenti con ville, barca e supercar. Continueremo in questa direzione, sempre dalla parte dei cittadini”. Insomma a sentire la premier i piccoli contribuenti saranno “risparmiati”. 

“Sull’ultimo decreto recentemente varato dal Mef, che negli intendimenti delimita l’azione di verifica dell’amministrazione finanziaria, mi confronterò personalmente con il Vice Ministro Leo, al quale ho chiesto anche di venirne a riferire al prossimo Consiglio dei Ministri. E se saranno necessari cambiamenti – ha chiosato Meloni – sarò io la prima a chiederli”.

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